Credete che il modo migliore per dimagrire sia fare attività aerobica? Vi sbagliate di grosso perché diversi studi dimostrano come l’allenamento ad alta intensità sia più efficace nel promuovere il dimagrimento dell’attività aerobica.
Questi interessantissimi studi confutano tutto ciò che è sempre stato detto sull’allenamento dimagrante. La maggior parte degli addetti ai lavori, i mass media e gli esperti in materia hanno sempre promosso l’attività aerobica come la strategia più efficace per dimagrire, ma tutte queste persone si sbagliavano di grosso perché esistono numerosi studi, alcuni eseguiti già alla fine degli anni novanta che confrontando l’attività ad alta intensità con l’attività aerobica mostrano che la prima promuove il dimagrimento più della seconda.
In questo articolo verranno mostrate alcune di queste ricerche.

Innanzi tutto per capire fino in fondo questi studi bisogna definire correttamente cosa sono l’attività aerobica e l’attività ad alta intensità.
Per esercizio aerobico si intende un’attività motoria svolta a modesto impegno cardio-circolatorio con intensità costante tale da permettere di protrarre questo sforzo per parecchi minuti. Per essere aerobico un esercizio deve permettere al corpo di utilizzare l’ossigeno per produrre energia. Quando l’intensità dello sforzo sale troppo ciò non è più possibile ed il corpo utilizza i cosiddetti sistemi anaerobici per produrre energia aumentando la produzione di lattato. Per considerare un esercizio aerobico bisogna misurarne l’intensità e valutare appunto che il corpo non accumuli acido lattico. Questa misurazione può essere fatta attraverso diverse tecniche più o meno precise, chiaramente la misurazione diretta della concentrazione del lattato risulta la più precisa. In questo caso però viene utilizzato come riferimento la frequenza cardiaca. Pertanto per quantificare tale intensità di sforzo si usa calcolare la frequenza cardiaca di soglia anaerobica oltre la quale il corpo non riesce più ad utilizzare l’ossigeno per produrre energia. Questa frequenza abitualmente si considera come l’85% circa della frequenza cardiaca massimale. Questa misurazione presenta un certo margine di errore però negli studi utilizzati viene considerata il riferimento per separare l’allenamento aerobico da quello ad alta intensità. Pertanto per attività aerobica si considera quella svolta al disotto di questa frequenza cardiaca. Per maggior dettagli su questa definizione potete consultare altre pagine di questo sito.
L’attività ad alta intensità si può sviluppare in vari modi, per esempio utilizzando esercizi di muscolazione. In questo caso noi consideriamo tale un esercizio che porta la frequenza cardiaca al di sopra della soglia del lattato dato che gli studi esaminati utilizzano questo parametro per definire il protocollo di allenamento stesso come ad alta intensità. Questo tipo di lavoro viene comunemente chiamato High intensity interval training (HIIT) o alta intensità intervallata. Personalmente ritengo superflua il termine “intervallata” dato che essendo questa attività prettamente anaerobica non può essere sopportata dal corpo per periodi prolungati e pertanto è inevitabile che ad essa venga alternata attività ad intensità minore per garantire la continuità dell’esercizio stesso; pertanto l’intervallo di recupero è condizione necessaria per proseguire l’allenamento e, come tale, risulta superfluo nella definizione del tipo di allenamento. Per questo motivo sarà chiamato semplicemente allenamento ad alta intensità.

Aggiungo inoltre che queste ricerche sono tutte pubblicate su autorevoli riviste scientifiche e pertanto sono state condotte con assoluto rigore.

I° studio
Tjønna e colleghi che studiano la sindrome metabolica hanno condotto questo esperimento per verificare vari effetti biochimici di due differenti protocolli di attività fisica. Il primo prevede quattro periodi di 4 minuti di attività al 90% della massima fc intervallati da 3 minuti di recupero ad intensità 70% fc max; mentre il secondo prevede attività costante al 70% della fc max per un periodo che porta allo stesso consumo calorico del primo gruppo. Questi allenamenti vengono svolti su treadmill 3 volte alla settimana per 16 settimane.
Alla fine dello studio vengono misurati vari parametri tra i quali gli enzimi FATP-1 e FAS che per farla breve sono enzimi lipogenici presenti negli adipociti (le cellule del grasso) responsabili della deposizione di nuovo tessuto adiposo. Il risultato è che il protocollo di allenamento ad alta intensità riduce maggiormente la presenza di questi enzimi nelle cellule adipose.

II° studio
Trapp e colleghi invece studiano direttamente gli effetti sulla perdita di grasso di due differenti protocolli di allenamento. Il primo ad alta intensità prevede degli sprint di 8 secondi seguiti da 12 secondi di recupero per un massimo di 20 minuti, mentre il secondo pedala a velocità costante mantenendo la fc vicina al 60% dell’fc max per un massimo di 40 minuti di allenamento. Notare come anche in questo caso la durata dell’allenamento aerobico sia decisamente maggiore in termini di tempo di quello ad alta intensità.
Fra i vari risultati ottenuti con questo studio c’è anche la misurazione della perdita di grasso dopo 15 settimane di allenamento ed il gruppo allenato con l’alta intensità ottiene una perdita di grasso notevolmente superiore all’altro. Vi sono tanti altri dati interessanti in questo studio, ma per non diventare troppo dispersivo preferisco non parlarne.

III° studio
Questa ricerca risale al 1997 ed in questo caso sono comparate 15 settimane ad alta intensità con 20 settimane di attività aerobica. Tremblay e colleghi studiano due differenti protocollo ad alta intensità intervallata e li mettono a confronto con un allenamento di 30-45 minuti di attività nella fascia aerobica.
I risultati di questo esperimento sono sorprendenti in quanto l’alta intensità oltre ad aumentare la produzione di diversi enzimi della via ossidativi in misura più consistente dell’attività aerobica promuove una perdita di grasso nove volte superiore a quella dell’allenamento aerobico.

IV° studio
Anche in questo caso siamo nel lontano 1997 e Bryner dell’università di Morgantown West Virginia confronta un protocollo ad intensità costante al 70% con uno che oscilla fra 80 e 90% quindi un lavoro che si può considerare mediamente sulla soglia del lattato. L’esperimento dura 16 settimane. Anche in questo caso vi è una considerarvele differenza nella perdita di grasso fra i due gruppi a favore di quello con il protocollo ad intensità più alta.

V° studio
In questo caso Wisløff, conduce uno studio simile al primo, con due protocolli di allenamento simili ad esso. Oltre ad ottenere una serie di dati relativi all’efficienza cardiaca che si dimostrano migliori nel caso dell’allenamento ad alta intensità, analizza la produzione di proteine che promuovono l’attività mitocondriale muscolare e di conseguenza la capacità dei muscoli di bruciare calorie derivanti dai grassi e tale produzione cresce significativamente soltanto nel gruppo con l’allenamento ad alta intensità. Questo dato dimostra in maniera indiretta la capacità dell’allenamento intenso di promuovere la lipolisi in misura maggiore dell’attività aerobica.

VI° studio
Anche in questo caso sono messi a confronto due diversi protocolli di allenamento: uno a intensità bassa e l’altro ad intensità alta con picchi sopra la soglia del lattato. Il dott. Brian dell’università della Virginia misura la variazione del grasso addominali in seguito a 16 settimane di allenamento e anche in questo caso i risultati indicano che l’attività ad alta intensità promuove maggiormente la perdita di grasso ed in particolare di grasso addominale rispetto all’altro protocollo di allenamento.

Questi sono solo una parte degli studi che dimostrano come l’attività ad alta intensità sia più efficace a fini dimagranti del lavoro aerobico. Vi sono inoltre altri studi che dimostrano come l’allenamento con i pesi promuova il dimagrimento in misura più efficace dell’attività aerobica ma questa è un’altra storia. Altri studi non fanno il confronto diretto fra le due forme di allenamento, ma mostrano risultati inopinabili su come l’alta intensità faccia dimagrire.

Concludo affermando che questi studi evidenziano come nonostante da un punto di vista prettamente biochimico sia noto il fatto che per consumare i grassi a fini energetici sia necessario svolgere attività di tipo aerobico per attivare il ciclo di Krebs e la beta ossidazione, vi sono altri meccanismi fisiologici in grado di promuovere la lipolisi e quindi il dimagrimento. Le possibili spiegazioni fisiologiche e biochimiche a riguardo sono varie e alcune ancora da dimostrare pienamente, comunque in questa sede mi sembra inopportuno argomentare un discorso così complesso è chiaro che la produzione di particolari enzimi sopraccitati permette già di intuire alcune cose. L’unica cosa da ribadire è che evidentemente i sistemi aerobici da soli promuovono solo parzialmente il dimagrimento dato che si può dimagrire maggiormente utilizzando allenamenti che sfruttano i sistemi anaerobici per produrre energia. >

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BIBLIOGRAFIA

Brian A, Irving Ph.D et al. effect of exercise training intensity on abdominal visceral fat and body composition. Med Sci Sport Exerc. 2008 nov; 40 (11): 1863-72

Bryner, R.W., R.C. Toffle, et al. The effects of exercise intensity on body composition, weight loss, and dietary composition in women. J. Am. Col. Nutr. 16:68-73, 1997.

Tjønna AE, Lee SJ et al. Aerobic interval training versus continuous moderate exercise as a treatment for the metabolic sindrome: a pilot study. Circulation, 2007 jun19; 115 (24): 3086-94.

Trapp EG, Chisholm DJ et al. The effects of high-intensity intermittent exercise training on fat loss and fasting insulin levels of young women. J Clin Endocrin Metab 2005 nov; 90 (11): 5970-7

Tremblay A, Simoneau JA, Bouchard C. impact of exercise intensity on body fatness and skeletal muscle metabolism. Med Sci Sports Exerc. 1997 mar; 29 (3): 390-5.

Wisløff U, støylen A et al. superior cardiovascular effect of aerobic interval training versus moderate continuous training in heart failure patients: a randomized study. Circulation, 2007 jun 19; 115 (24): 3032-4.

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a cura di Nicola Sacchi



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